È un viaggio inebriante che collega il Veneto e la Puglia, il nord e il sud del bel Paese, quello della cantina Tinazzi. Tre generazioni a confronto – dal nonno Eugenio fino ai nipoti Giorgio e Francesca – che nel tempo hanno saputo trasformare una piccola realtà imprenditoriale in quel di Cavaion Veronese in un grande gruppo di livello internazionale, con esportazioni in oltre 30 Paesi. Del resto, il destino sembrava già scritto nel loro nome: i tinazzi, nell’antica tradizione veronese, erano i recipienti dove l’uva pigiata veniva lasciata fermentare.
Questa è una storia di passione, esperienza e soprattutto eccellenza Made in Italy – quella che tutto il mondo ci invidia e che fa brillare i palati dei wine lovers di ogni dove. È per questo che abbiamo deciso di raccontarvela, intervistando Andrea Tinazzi, oggi a capo dell’azienda.

La passione per il vino in casa Tinazzi è questione di famiglia. Quali sono le radici della cantina?
Siamo partiti nel 1968, più di 50 anni fa, quando mio padre Eugenio Tinazzi ha fondato l’azienda; io ho iniziato a lavorare con lui all’età di 18 anni. Nel tempo si è trasformata da piccola realtà locale, specializzata in vini veneti DOC, ad un importante Gruppo esteso, tra Veneto e Puglia. Una regione, questa, di grande carattere e dalle crescenti potenzialità qualitative in cui siamo presenti dal 2001. Oggi produciamo vini veneti e pugliesi venduti in oltre 30 Paesi del mondo, con qualità, tradizione e innovazione. I miei figli mi affiancano nella gestione della cantina: Giorgio, come Responsabile Commerciale, e Francesca, in qualità di coordinatrice dei reparti Business Control e Marketing Communications.
Dal Veneto alla Puglia e ritorno: quali sono le vostre etichette più rappresentative?
Partiamo dalla Puglia: sicuramente il prodotto di punta è il Primitivo di Manduria “Imperio LXXIV”. 100% Primitivo di Manduria, affina in botti di legno di rovere francese per circa 8-12 mesi. Dal colore rosso intenso, presenta un complesso panorama organolettico, dove spiccano frutta rossa matura, spezie e lievi note di cacao.
Per quanto riguarda il Veneto, invece, il nostro vino preferito non può che essere l’Amarone della Valpolicella “La Bastìa”, prodotto secondo la tecnica dell’appassimento. Le uve vengono raccolte ad ottobre e poste in speciali cassette, dove prima della vinificazione – che avviene a fine dicembre/inizio gennaio – vengono lasciate appassire per conferire al vino più corpo e struttura: i grappoli perdono circa il 35-40% del loro peso e aumenta la concentrazione degli zuccheri. L’affinamento avviene in botti di rovere francese e americano, per 12 – 24 mesi. Vino estremamente complesso ed elaborato, presenta gli aromi di ciliegia e marasca tipici della Valpolicella, insieme a sentori speziati, balsamici e con leggero richiamo al cioccolato.

La più grande sfida che dobbiamo affrontare tutti oggi è far fronte alla pandemia. Nel settore enologico in cosa si traduce?
In questi mesi non ci siamo mai fermati e abbiamo continuato laddove possibile il nostro lavoro. Abbiamo sempre cercato di essere proattivi, soprattutto dal punto di vista della comunicazione, prediligendo il canale online per mantenere vivi i contatti con clienti, giornalisti e wine lovers. Abbiamo un sito con un blog ricco di contenuti, una newsletter e siamo attivi sui social media. Dal punto di vista prettamente commerciale, i nostri Export Manager fanno fatica a spostarsi, ma hanno cercato sempre di mantenere il rapporto con i clienti (per esempio, attraverso videocall e comunicazioni mirate). Con tutti gli investimenti che un’azienda qualsiasi si vede costretta a ridimensionare, la comunicazione è intoccabile e rimane qualcosa di fondamentale, soprattutto in periodi dove manca il contatto in presenza.
Visite virtuali e degustazioni online: il futuro – anche del vino – è 3.0?
Come tutti i nostri colleghi del comparto vino, quest’anno abbiamo avuto forti limitazioni sulla presenza delle persone, come turisti ed enoappassionati. La comunicazione online ha aiutato molto, e per l’anno prossimo stiamo studiando dei progetti di Incoming grazie alle nostre aziende agricole, un nuovo progetto che valorizzerà l’ospitalità e la cultura contadina. Queste tenute potrebbero essere le location perfette per un binomio vino-moda in cui credo fermamente, per portare insieme la cultura del Made In Italy nel mondo: grandi nel fashion, grandi nel vino, no? Stiamo sviluppando inoltre un altro progetto sul vino biologico complice l’attenzione costante e crescente delle persone verso la siìostenibilità e il rispetto dell’ambiente.